martedì 29 dicembre 2009

Caro Bersani, provare a vincere non è difficile

di Alessandro Gilioli

Caro segretario Bersani,

si sarà accorto anche lei che qui a Roma le strade sono già tappezzate con il volto lievemente photoshoppato di Renata Polverini, la leader del sindacato di destra lanciata da Ballarò, che ha ottenuto l’appoggio – oltre che del Pdl – anche di Casini.

Intanto pare che il centrosinistra, as usual, sia allo sbando, insomma state a bisticciare nelle vostre sedi mentre gli altri sono già in campagna elettorale.

Non so se è vero, ma dicono che alla fine candiderete uno tra l’ex rutelliano Gasbarra ed Esterino Montino, insomma non proprio nomi da sballo per chi andrà alle urne.

Ora, caro segretario, lo so che la presidenza della regione Lazio non è fondamentale né per le sorti del Paese né per quelle del centrosinistra. Anzi, se il problema è solo tenere in piedi il sottopotere e gli affari nella sanità, chissenefrega: una Polverini vale più o meno un Montino, e ciao.

Ma – la informo – qui a Roma e nel Lazio ci sono alcune centinaia di migliaia di simpatizzanti ed elettori che hanno votato alle primarie del Pd, e che adesso si chiedono che cacchio state facendo per tentare di vincere le regionali, sempre che vi interessi.

Sa, caro segretario, un sistema per provare a vincerle ci sarebbe. Ed è molto semplice. Sono le primarie di coalizione.

Sa, tipo quelle che candidarono Prodi? Ecco, una cosa così. Per rivolgersi a quel 51 per cento di cittadini che in questa regione hanno votato centrosinistra nel 2005 e magari lo rivoterebbero nel 2010, se ci fosse un candidato decente.

Sì, lo so, è un casino far scegliere il candidato agli elettori anziché deciderlo nei corridoi. E magari alla fine il candidato di coalizione non sarebbe neppure del Pd: magari una come Emma Bonino, che contro la Polverini rischierebbe addirittura di vincere. Mi rendo conto che è molto più rassicurante condurre i giochi nel chiuso delle sedi di partito e magari presentare un mite perdente che consenta alla Polverini di vincere senza battagliare troppo, in modo da evitare lo “spoil system” della destra e conservare così un po’ di Asl, un po’ di presidenze di ospedali, un po’ di sottopotere regionale.

Ma, insomma, tenga presente l’ipotesi: perché è anche da queste piccole grandi cose che si capirà che volto vuole dare al Pd e alla famosa “alternativa” di cui lei va parecchio parlando.

Provare a vincere, a volte, non è difficile.

E tanti auguri di felice anno nuovo

giovedì 24 dicembre 2009

Berlusconi, l'Italia non e' La Ruota della Fortuna o il TG4


Il premier traccia un bilancio del 2009 e annuncia le principali iniziative per il nuovo anno: "La ripresa economica inizierà nel 2010". Tasse, "un merito non aver messo mani nelle tasche dei cittadini". E poi aggiunge: "I disfattisti la smettano di produrre odio e pessimismo". Poveretto, come soffre. Dopo 15 anni di potere NON ha ancora capito che oltre il 60% della popolazione italiana NON vive come Alice nel paese delle Meraviglie, se ne frega dei suoi patetici fervorini sull'ottimismo, NON guarda i TG di regime e NON legge la stampa serva come Libero e Il Giornale. Insomma gli italiani sono meno "coglioni" di quel che il nostro presidente del consiglio pensa. Perche' qualcuno non gli suggerisce un atto intelligente invece che furbo, in modo da tentare di rimanere nella storia senza questa enorme carica di karma negativo? Mister premier, permette un paio di consigli gratuiti? Uno, si studi come si fa comunicazione politica in democrazia ai tempi della Grande Recessione. Due, licenzi quei maggiordomi di Bonaiuti, Cicchitto, Ghedini e assuma al loro posto con un bel contratto in euro David Axelrod, il consulente politico di Barack Obama (il quale comunque supponiamo le risponderebbe: "Ma lei e' pazzo, se la sbrighi da solo!").

sabato 19 dicembre 2009

Bersani "is not fit" per guidare l'opposizione


Ci siamo chiesti tante volte: perche' mai uno come Pierluigi Bersani e' il leader del piu' forte partito d'opposizione? Bhe', essendo l'uomo-predellino di Masssimo D'Alema, il segretario del PD incarna meglio di ogni altro i tratti di una leadership incolore, insapore, inodore e indolore... mentre in cabina di regia "Baffino" puo' continuare a tramare nell'ombra perseguendo all'apparenza intelligenti strategie politiche.

Da quando D'Alema ha perso l'occasione storica di porre sul tavolo la questione del conflitto di interessi (da cui deriva l'anomalia di un uomo come Berlusconi al governo) ed essendo cio' accaduto nel momento di apogeo con la conquista di Palazzo Chigi, ebbene da quel momento lo stesso D'Alema avrebbe dovuto farsi da parte, auto-escludersi od essere escluso, meditando sulle "dure repliche" della storia ma certamente non rimanendo nel PD come la vera eminenza grigia - e fatto fuori Veltroni, ancor di piu'. Fosse stato eletto al Quirinale Max avrebbe fatto meglio di Napolitano (ma chi puo' dirlo, col complesso d'inferiorita' di questi ex PCI?). Non e' andata cosi' e oggi D'Alema continua a far danno al PD e al paese (vedi inciucio raccontato nel post "Il Lodo D'Alema").

Detto questo, citiamo un articolo del Foglio dal titolo: "Che cosa c’è dietro la timidissima comunicazione del segretario Bersani" che verte su una questione cruciale. Ecco: "Con una certa spericolatezza, l’aveva preannunciato ai giornalisti presenti il portavoce di sempre, Stefano Di Traglia, nel giorno dell’incoronazione all’assemblea nazionale del Pd: “Bersani non vi darà titoli”. Ancor più spericolatamente la promessa, a due mesi dall’elezione alla segreteria, appare mantenuta. Di titoli ai giornali Bersani ne ha dati pochini". Esatto. Come negarlo? La verita' e' che uno come Bersani non solo non da' i titoli, ma non dara' neanche i voti!

Qui purtroppo bisogna aggiungere che non sono nemmeno le idee che contano: le idee di un uomo giusto e corretto come Bersani magari sono buone. Ma il problema e' un altro.

Cioe': Bersani non e' carismatico mentre oggi per governare a Roma serve carisma. Bersani non e' un buon oratore e la politica - in Italia e nel mondo - richiede capacita' di "affabulazione", "visione", "epica", "dramma" perfino senso della "tragedia della storia". Berlusconi da questo punto di vista, per il suo pubblico, non fa una piega. Bersani invece balbetta, si mangia le parole, non arringa ne' trascina, e' timido, impacciato, nervoso. Non ha idea di cosa siano retorica e oratoria. E' un fallimento, in termini di leadership.

Ecco perche' Bersani "is not fit". Siamo lontani anni luce dal nostro Obama italiano.

Fini premier di un governo di emergenza, Berlusconi costretto a lasciare (con la regia di Quirinale e parte del PDL)


In una lettera a Massimo D'Alema, Francesco Cossiga non nasconde lo stupore per le parole pronunciate dal presidente di Italianieuropei nell'intervista di ieri al Corriere della Sera. «Mi ha meravigliato leggere che tu riterresti che Silvio Berlusconi potrebbe continuare a governare da presidente del Consiglio dei ministri ancorchè venisse condannato in uno dei processi cui è sottoposto, ad esempio quello che lo vede imputato per corruzione di testimone nel così detto processo Mills. La tua affermazione è assurda», sottolinea il presidente emerito della Repubblica che spiega: se il premier sarà condannato il capo dello Stato «otterrà senza dubbio le sue dimissioni».

Peraltro, sottolinea Cossiga, «l'attivismo» di Fini «non può avere altro significato che quello di porre fin d'ora la sua candidatura alla presidenza di un governo istituzionale che segua ad un impedimento di Berlusconi» ad esercitare il proprio mandato. L'opinione pubblica italiana - ricorda Cossiga - già è mal disposta, a motivo di una larga concezione severa della responsabilità propria di una certa cultura cattolica e di quella sua particolare e certo autorevole corrente di pensiero 'cattolica giacobina', ad accettare la presunzione d'innocenza neanche fino al primo grado di giudizio, immaginiamoci fino al terzo e peggio ancora davanti ad una condanna definitiva».

«Non penso - insiste - conoscendo la tua onestà intellettuale, che tu pensi che, affermandosi questa regola che tu enunci, il governo possa essere tenuto sotto costante pressione morale e politica: la paralisi dell'esecutivo -avverte Cossiga - sarebbe di grave danno al Paese. Certo, sembra strano che un governo espressione diretta, anche se in virtù di leggi che hanno forzato il regime parlamentare voluto dalla Costituzione, del popolo sovrano ma che comunque sarebbe pur sempre espressione del Parlamento che è il sovrano legale dello Stato, venga rovesciato dall'atto di un impiegato dello Stato che è investito delle sue funzioni non per un mandato direttamente o indirettamente democratico, ma per un pubblico concorso che è per lo più una forma di cooptazione familiare, amicale o di casta.

Il costituente ben l'aveva compreso e per questo aveva introdotto, soprattutto per volontà della sinistra, l'istituto dell'inviolabilità parlamentare. Mio caro amico - scrive ancora Cossiga a D'Alema - io penso che il tuo sia un pensiero solitario. Per altro l'attivismo del presidente della Camera dei Deputati non può avere altro significato che quello di porre fin d'ora la sua candidatura alla presidenza di un governo istituzionale che segua ad un impedimento di Berlusconi a continuare a esercitare il suo mandato (e l'ipotesi di una causa fisica, dopo le speranze di molti pur coperte da un salutare velo di ipocrisia... non sembra più d'attualità), ad esempio a causa di una condanna: e poichè l'amico Fini non è nè un imprudente nè uno sprovveduto deve aver avuto assicurazioni dall'interno del Pdl, dal Quirinale e
dall'opposizione».

«Se Silvio Berlusconi sarà, come certo lo sarà, condannato nel processo Mills, sempre che la maggioranza riesca a far passare il processo breve, esso non troverà mai applicazione perchè dopo la pronuncia del Consiglio Superiore della Magistratura, il Capo dello Stato lo rinvierà certamente al Parlamento e in caso di riapprovazione sarà la Corte Costituzionale che inevitabilmente lo dichiarerà non conforme alla Costituzione. Io credo che, data la costituzione materiale che destra e sinistra hanno voluto surrettiziamente instaurare, se Berlusconi sarà condannato o sarà anche solo iscritto nel registro degli indagati (e la sinistra in senso lato: stampa, gruppi di potere, populismo radicale è in grado di ottenerlo) per le stragi del 1992 e del 1993, il Capo dello Stato otterrà certamente le dimissioni di Berlusconi, anche perchè -sottolinea Cossiga - la sinistra potrebbe ottenere questo risultato minacciando un Aventino. È un pasticcio; ma dobbiamo ormai ammettere che di fatto la sovranità è esercitata in concorso con il popolo e per esso dal Parlamento, dalla magistratura, dal Consiglio Superiore della Magistratura, dall'Associazione Nazionale Magistrati dal Capo dello Stato e dalla Corte Costituzionale che nella evoluzione impressa imprudentemente alla Costituzione sono tutti diventati organi o soggetti politici. Quindi, caro Massimo -conclude Cossiga - buona prossima campagna elettorale».

Il lodo D'Alema



di Luca Telese

"Se per evitare il processo di Berlusconi devono liberare centinaia di imputati di gravi reati è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all’ordinamento e alla sicurezza del cittadini".
L’ultimo pasticcio ad personam, ieri in Parlamento, era annunciato dalle parole di Massimo D’Alema al Corriere della Sera: "Se per evitare il processo di Berlusconi devono liberare centinaia di imputati di gravi reati è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all’ordinamento e alla sicurezza del cittadini".

Montecitorio express. Detto fatto. Nel giorno in cui il "legittimo impedimento", viene calendarizzato alla Camera (si voterà il 25 gennaio) e passa con il voto favorevole di Udc e Pdl, il Pd torna di nuovo in fibrillazione. Uno dei suoi leader più importanti apre clamorosamente la porta alla possibilità di un accordo; il capogruppo alla Camera Dario Franceschini invece dà disposizione di votare contro. Walter Veltroni si trincera dietro un sorridente "no comment", diversi dirigenti allargano le braccia e sospirano: "E’ il male minore". Ponte tibetano. Ma per capire cosa stia accadendo bisogna partire dall’uomo del giorno.

Nel Transatlantico di Montecitorio, ieri, era senza dubbio Michele Vietti. Barba curata sale e pepe, montatura trasparente, eleganza sabauda, preparazione da fine giurista. Perché ieri era così importante Vietti? E’ l’uomo che ha tirato fuori dal cilindro la "propostina" di legge in due articoli su cui – con qualche intervento del pidiellino Enrico Costa di cui parleremo poi – che l’aula discuterà. E’ lo stesso Vietti a spiegare di cosa si tratti: "Ha presente i ponti tibetani? Sono stretti e ballerini, ma sono l’unico modo per attraversare i burroni fra le vette". Il che tradotto in termini più prosaici suona così: "La Corte costituzionale ha bocciato il lodo Alfano.

Così – ammette Vietti – una legge ordinaria che fermi i processi non è più possibile...". E allora? "Serve una legge costituzionale . Ma nel frattempo cosa si fa?". La soluzione l’ha trovata il deputato piemontese: "In fondo è un uovo di colombo. Un testo-ponte, per l’appunto, che dichiarandolo apertamente, costruisce una moratoria di 18 mesi che permetta al premier di svolgere serenamente le sue funzioni, e al Parlamento di fare, nel frattempo, una legge costituzionale". E come si fa? "Con il legittimo impedimento a comparire davanti a un tribunale". Ricordi a Vietti che qualcuno, come Onida, ha detto che sarebbe incostizionale. Vietti sospira: "Penso di no. Ma in ogni caso, la soluzione politica ci sarebbe comunque. Perché prima che il testo possa essere bocciato dalla Corte, si avrebbe in ogni caso il tempo di fare una legge costituzionale". Un regalo a Berlusconi? Vietti precisa che c’è una condizione: "Noi siamo pronti a votarla, ma solo in cambio del ritiro della norma sul processo breve".

La posizione del Pd. E il Pd? il deputato dell’Udc spiega: "Noi questa bozza l’avevamo fatta vedere a Violante che non ha fatto obiezioni. D’Alema la sua parte l’ha fatta. Io spero che possa convergere". Ma il capogruppo, Dario Franceschini è di avviso opposto: "Come andrà a finire? Che se la legge è questa se la votano da soli. Noi non intendiamo sostenerla". Questa posizione di Franceschini è stata decisiva nel voto contrario del Pd (anche se era sulla calendarizzazione) in commissione Giustizia.

"Cistizzare". Ma qualche dubbio c’è. A spiegarlo è un deputato non sospetto di filoberlusconismo come Pierluigi Castagnetti: "Forse è meglio cistizzare il problema e lasciare che questa cosa passi...". In che senso? Ritorna l’argomentazione di D’Alema: "Quando hai una cisti che ti fa male, meglio circoscrivere il problema e tagliarla via". E quindi? "Non è preferibile alla fine – ipotizza con tono amaro Castagnetti – che facciano una leggina ad personam, piuttosto che sfascino tutto l’ordinamento giuridico con il processo breve?". E’ interessante chiederlo a Walter Veltroni. Lo incrocio davanti all’aula e glielo chiedo. Sorride e alza le mani: "Non faccio dichiarazioni". E’ il tema del giorno, azzardo: "Non le faccio in ogni caso", spiega.

La posizione di Bersani. Meno chiara la posizione di Anna Finocchiaro, capogruppo al Senato: "D’Alema – spiega a Repubblica Tv – dice una cosa di buon senso: le leggi ad personam hanno normalmente scassato l’ordinamento. Vogliamo pensare alla Cirielli? O alla Cirami? Nel foro interno di chiunque si aggira – aggiunge la Finocchiaro – l’idea di una legge che non scassi l’ordinamento" . Intende dire che una leggina ad personam sarebbe meglio di una legge Ad personam? Mistero. Pier Luigi Bersani dichiara: "La considerazione di D’Alema è ovvia perché il processo breve è un’amnistia per i colletti bianchi e quindi aggiunge gravità a una legge ad personam. Detto ciò noi siamo contrari a votare adesso il legittimo impedimento". Legge o leggina, quando arriverà porterà qualche problema. Viene in mente Churchill sulla pace di Monaco: "Potevamo scegliere fra il disonore e la guerra. Abbiamo scelto il disonore. E abbiamo avuto la guerra".