mercoledì 5 novembre 2008

OBAMA E' PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI!!!!!!!!!!!!!!!!!!


Grandissima vittoria, momento storico. Barack Obama è il 44esimo presidente degli Stati Uniti, il primo afro-americano ad arrivare alla Casa Bianca, in una tappa storica per l'America che volta pagina dopo gli anni di Bush.

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lunedì 3 novembre 2008

PREVISIONI CORSA ALLA CASA BIANCA: STRAVINCE OBAMA


Nel sito dove si gioca denaro vero in tempo reale, al candidato democratico vengono assegnati oggi 353 voti elettorali sui 270 necessari per la vittoria alle presidenziali, a McCain solo 185 voti.

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domenica 2 novembre 2008

Obama: 6 punti di vantaggio. Sarà affluenza da record


Suspance e ultime battute della campagna elettorale. Per Zogby è 50 a 44, secondo Pollster (media dei sondaggi) 50,2 a 43,8. Battaglia negli stati in bilico.

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venerdì 31 ottobre 2008

Obama verso la vittoria. La Palin affonda McCain


Per due americani su tre la governatrice dell'Alaska non è abbastanza qualificata. E Joe l'idraulico imbarazza il candidato repubblicano. La Palin affonda McCain. Obama vola nei sondaggi. Il democratico avanti di 7 punti e negli Stati chiave. Record di ascolti per il messaggio tv. Stasera in Florida torna Al Gore.

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giovedì 23 ottobre 2008

Obama vola nei sondaggi (12 punti) e McCain vorrebbe scaricare la Palin


Barack Obama allunga la distanza dall’avversario e, complice il crescente scetticismo nei confronti di Sarah Palin, considerata inadeguata alla carica, si porta a 12 punti di vantaggio su John McCain. Imbarazzo tra i repubblicani per le "fatture di lusso" per l'acquisto di abiti da decine di migliaia di dollari che la Palin ha fatto recapitare al partito.

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lunedì 20 ottobre 2008

L'effetto Powell fa volare Obama: McCain staccato di sei punti


L'endorsement dell'ex segretario di Stato di Bush spinge il candidato democratico nei sondaggi. Secondo l'istituto Zogby Barack riguadagna terreno portandosi al 50% contro il 44% del candidato repubblicano.

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sabato 11 ottobre 2008

NEWSWEEK E FOX, OBAMA IN NETTO VANTAGGIO SU MCCAIN

Sia il filo democratico Newsweek che la conservatrice FoxNews confermano il netto vantaggio di Barack Obama. Il candidato democratico ha per il settimanale un margine di 11 punti sul rivale John McCain (52% contro 41%) mentre per la tv di Rupert Murdoch i divario e' del sette per cento (46%-39%). IL dato piu' deludente per i repubblicani, lo fornisce la Fox. La campagna di accuse sugli antichi legami tra Obama e l'estremista radicale anni '60 William Ayers sono state di fatto ininfluenti: il 61% non si e' detto influenzato mentre il 32% si e' detto "un po' meno incline" a votare per il candidato dell'Asinello. Da parte sua Newsweek sottolinea che appena un mese fa, prima dell'esplodere della crisi economica, i due erano appaiati al 46% Secondo il settimanale l'86 per cento dei 1.212 intervistati tra mercoledi e giovedi sono scontenti di come le cose stanno andando in America con solo il 10% che si dichiara soddisfatto. Il 48 per cento dichiara che la piu' grande preoccupazione e' l'economia. Se si chiede quale tra i due candidati sta dando risposte piu convincenti alla crisi e su altri temi tutti rispondono Obama salvo quando si parla di sicurezza nazionale e terrorismo. Obama sorpassa McCain sull'economia i posti di lavoro con il 54 per cento contro il 35; sull'Iraq sono quasi alla pari, 47% il democratico, 46% il repubblicano; sulla salute invece il 56% sta con Obama e solo il 30 con Mccain. Sulla sicurezza nazionale i ruoli si invertono: il senatore dell'Arizona conduce con il 50% contro il 40% del collega dell'Illinois.

mercoledì 24 settembre 2008

Obama vola nei sondaggi: nove punti più di McCain


Il candidato democratico alla Casa Bianca Barack Obama prende il largo: nelle intenzioni di voto degli elettori Obama ha accumulato un vantaggio di nove punti percentuali, 52% contro 43%, sul rivale repubblicano John McCain. Lo rivela l'ultimo sondaggio nazionale Washington Post-Abc News. Tra i motivi del sorpasso, la crisi finanziaria che scuote l'America.

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mercoledì 3 settembre 2008

Gallup: Obama in testa di 8 punti 50% a 42%


Forte balzo in avanti per Barack Obama nell'ultimo sondaggio Gallup. Il candidato democratico adesso guida la corsa alla Casa Bianca per 50% a 42% sullo sfidante repubblicano John McCain, non solo un netto vantaggio di 8 punti, ma anche la prima volta che Obama tocca quota 50. Il sondaggio Gallup e' stato svolto dal 30 agosto al 1. settembre. In pratica la meta' degli elettori americani oggi favorisce Obama come Presidente degli Stati Uniti.

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venerdì 29 agosto 2008

"AMERICA, SIAMO UN PAESE MIGLIORE DI QUELLO CHE SI E' VISTO NEGLI ULTIMI 8 ANNI". OBAMA ACCETTA LA NOMINATION DEMOCRATICA ALLA CASA BIANCA


Barack Obama ha accettato la nomination del partito democratico alla Presidenza degli Stati Uniti. Il suo discorso, nello stadio di Denver gremito di oltre 80.000 persone, dai primi commenti a caldo e' stato definito "storico", "il miglior discorso di qualsiasi precedente convention di partito" (Carl Bernstein su Cnn), in grado di "dare enorme spessore alla candidatura di Obama". L’effetto convention ha fatto impennare i consensi per Barak Obama, schizzato al 48%, sei punti sopra il candidato repubblicano John McCain. Il candidato democratico ha detto che "l'America puo' essere un paese migliore, “le promesse americane sono minacciate” dagli otto anni di presidenza di George Bush e dalle sue "fallimentari politiche". Inoltre "John McCain rappresenta la continuazione di queste politiche che hanno messo in pericolo l'economia Usa e messo a repentaglio lo status degli Stati Uniti nel mondo". "Non e' perche' a John McCain non interessa. E' perche' John McCain non ci arriva, non capisce". "John McCain ha votato con George Bush il 90% delle volte, io non sono pronto a lasciare al cambiamento una chance del 10%". "La politica estera di Bush-McCain ha distrutto l'eredita' che generazioni di americani — Democratici e Repubblicani – avevano costruito". "Porro' fine alla guerra in Iraq responsabilmente". "Mettero' fine alla lotta contro Al Qaeda e i Talibani in Afghanistan". "Daro' l'assicurazione medica a ogni americano". "Tagliero' le tasse al 95% delle famiglie americane". "Mettero' fine, in dieci anni, alla dipendenza dal petrolio del Medio Oriente".

Ecco il discorso integrale:

Remarks of Senator Barack Obama
"The American Promise"
Democratic National Convention
August 28, 2008
Denver, Colorado

As prepared for delivery

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To Chairman Dean and my great friend Dick Durbin; and to all my fellow citizens of this great nation;

With profound gratitude and great humility, I accept your nomination for the presidency of the United States.
.
Let me express my thanks to the historic slate of candidates who accompanied me on this journey, and especially the one who traveled the farthest - a champion for working Americans and an inspiration to my daughters and to yours -- Hillary Rodham Clinton. To President Clinton, who last night made the case for change as only he can make it; to Ted Kennedy, who embodies the spirit of service; and to the next Vice President of the United States, Joe Biden, I thank you. I am grateful to finish this journey with one of the finest statesmen of our time, a man at ease with everyone from world leaders to the conductors on the Amtrak train he still takes home every night.

To the love of my life, our next First Lady, Michelle Obama, and to Sasha and Malia - I love you so much, and I'm so proud of all of you.

Four years ago, I stood before you and told you my story - of the brief union between a young man from Kenya and a young woman from Kansas who weren't well-off or well-known, but shared a belief that in America, their son could achieve whatever he put his mind to.

It is that promise that has always set this country apart - that through hard work and sacrifice, each of us can pursue our individual dreams but still come together as one American family, to ensure that the next generation can pursue their dreams as well.

That's why I stand here tonight. Because for two hundred and thirty two years, at each moment when that promise was in jeopardy, ordinary men and women - students and soldiers, farmers and teachers, nurses and janitors -- found the courage to keep it alive.

We meet at one of those defining moments - a moment when our nation is at war, our economy is in turmoil, and the American promise has been threatened once more.

Tonight, more Americans are out of work and more are working harder for less. More of you have lost your homes and even more are watching your home values plummet. More of you have cars you can't afford to drive, credit card bills you can't afford to pay, and tuition that's beyond your reach.

These challenges are not all of government's making. But the failure to respond is a direct result of a broken politics in Washington and the failed policies of George W. Bush.

America, we are better than these last eight years. We are a better country than this.

This country is more decent than one where a woman in Ohio, on the brink of retirement, finds herself one illness away from disaster after a lifetime of hard work.

This country is more generous than one where a man in Indiana has to pack up the equipment he's worked on for twenty years and watch it shipped off to China, and then chokes up as he explains how he felt like a failure when he went home to tell his family the news.

We are more compassionate than a government that lets veterans sleep on our streets and families slide into poverty; that sits on its hands while a major American city drowns before our eyes.

Tonight, I say to the American people, to Democrats and Republicans and Independents across this great land - enough! This moment - this election - is our chance to keep, in the 21st century, the American promise alive. Because next week, in Minnesota, the same party that brought you two terms of George Bush and Dick Cheney will ask this country for a third. And we are here because we love this country too much to let the next four years look like the last eight. On November 4th, we must stand up and say: "Eight is enough."

Now let there be no doubt. The Republican nominee, John McCain, has worn the uniform of our country with bravery and distinction, and for that we owe him our gratitude and respect. And next week, we'll also hear about those occasions when he's broken with his party as evidence that he can deliver the change that we need.

But the record's clear: John McCain has voted with George Bush ninety percent of the time. Senator McCain likes to talk about judgment, but really, what does it say about your judgment when you think George Bush has been right more than ninety percent of the time? I don't know about you, but I'm not ready to take a ten percent chance on change.

The truth is, on issue after issue that would make a difference in your lives - on health care and education and the economy - Senator McCain has been anything but independent. He said that our economy has made "great progress" under this President. He said that the fundamentals of the economy are strong. And when one of his chief advisors - the man who wrote his economic plan - was talking about the anxiety Americans are feeling, he said that we were just suffering from a "mental recession," and that we've become, and I quote, "a nation of whiners."

A nation of whiners? Tell that to the proud auto workers at a Michigan plant who, after they found out it was closing, kept showing up every day and working as hard as ever, because they knew there were people who counted on the brakes that they made. Tell that to the military families who shoulder their burdens silently as they watch their loved ones leave for their third or fourth or fifth tour of duty. These are not whiners. They work hard and give back and keep going without complaint. These are the Americans that I know.

Now, I don't believe that Senator McCain doesn't care what's going on in the lives of Americans. I just think he doesn't know. Why else would he define middle-class as someone making under five million dollars a year? How else could he propose hundreds of billions in tax breaks for big corporations and oil companies but not one penny of tax relief to more than one hundred million Americans? How else could he offer a health care plan that would actually tax people's benefits, or an education plan that would do nothing to help families pay for college, or a plan that would privatize Social Security and gamble your retirement?

It's not because John McCain doesn't care. It's because John McCain doesn't get it.

For over two decades, he's subscribed to that old, discredited Republican philosophy - give more and more to those with the most and hope that prosperity trickles down to everyone else. In Washington, they call this the Ownership Society, but what it really means is - you're on your own. Out of work? Tough luck. No health care? The market will fix it. Born into poverty? Pull yourself up by your own bootstraps - even if you don't have boots. You're on your own.

Well it's time for them to own their failure. It's time for us to change America.

You see, we Democrats have a very different measure of what constitutes progress in this country.

We measure progress by how many people can find a job that pays the mortgage; whether you can put a little extra money away at the end of each month so you can someday watch your child receive her college diploma. We measure progress in the 23 million new jobs that were created when Bill Clinton was President - when the average American family saw its income go up $7,500 instead of down $2,000 like it has under George Bush.

We measure the strength of our economy not by the number of billionaires we have or the profits of the Fortune 500, but by whether someone with a good idea can take a risk and start a new business, or whether the waitress who lives on tips can take a day off to look after a sick kid without losing her job - an economy that honors the dignity of work.

The fundamentals we use to measure economic strength are whether we are living up to that fundamental promise that has made this country great - a promise that is the only reason I am standing here tonight.

Because in the faces of those young veterans who come back from Iraq and Afghanistan, I see my grandfather, who signed up after Pearl Harbor, marched in Patton's Army, and was rewarded by a grateful nation with the chance to go to college on the GI Bill.

In the face of that young student who sleeps just three hours before working the night shift, I think about my mom, who raised my sister and me on her own while she worked and earned her degree; who once turned to food stamps but was still able to send us to the best schools in the country with the help of student loans and scholarships.

When I listen to another worker tell me that his factory has shut down, I remember all those men and women on the South Side of Chicago who I stood by and fought for two decades ago after the local steel plant closed.

And when I hear a woman talk about the difficulties of starting her own business, I think about my grandmother, who worked her way up from the secretarial pool to middle-management, despite years of being passed over for promotions because she was a woman. She's the one who taught me about hard work. She's the one who put off buying a new car or a new dress for herself so that I could have a better life. She poured everything she had into me. And although she can no longer travel, I know that she's watching tonight, and that tonight is her night as well.

I don't know what kind of lives John McCain thinks that celebrities lead, but this has been mine. These are my heroes. Theirs are the stories that shaped me. And it is on their behalf that I intend to win this election and keep our promise alive as President of the United States.

What is that promise?

It's a promise that says each of us has the freedom to make of our own lives what we will, but that we also have the obligation to treat each other with dignity and respect.

It's a promise that says the market should reward drive and innovation and generate growth, but that businesses should live up to their responsibilities to create American jobs, look out for American workers, and play by the rules of the road.

Ours is a promise that says government cannot solve all our problems, but what it should do is that which we cannot do for ourselves - protect us from harm and provide every child a decent education; keep our water clean and our toys safe; invest in new schools and new roads and new science and technology.

Our government should work for us, not against us. It should help us, not hurt us. It should ensure opportunity not just for those with the most money and influence, but for every American who's willing to work.

That's the promise of America - the idea that we are responsible for ourselves, but that we also rise or fall as one nation; the fundamental belief that I am my brother's keeper; I am my sister's keeper.

That's the promise we need to keep. That's the change we need right now. So let me spell out exactly what that change would mean if I am President.
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Change means a tax code that doesn't reward the lobbyists who wrote it, but the American workers and small businesses who deserve it.

Unlike John McCain, I will stop giving tax breaks to corporations that ship jobs overseas, and I will start giving them to companies that create good jobs right here in America.

I will eliminate capital gains taxes for the small businesses and the start-ups that will create the high-wage, high-tech jobs of tomorrow.

I will cut taxes - cut taxes - for 95% of all working families. Because in an economy like this, the last thing we should do is raise taxes on the middle-class.

And for the sake of our economy, our security, and the future of our planet, I will set a clear goal as President: in ten years, we will finally end our dependence on oil from the Middle East.

Washington's been talking about our oil addiction for the last thirty years, and John McCain has been there for twenty-six of them. In that time, he's said no to higher fuel-efficiency standards for cars, no to investments in renewable energy, no to renewable fuels. And today, we import triple the amount of oil as the day that Senator McCain took office.

Now is the time to end this addiction, and to understand that drilling is a stop-gap measure, not a long-term solution. Not even close.

As President, I will tap our natural gas reserves, invest in clean coal technology, and find ways to safely harness nuclear power. I'll help our auto companies re-tool, so that the fuel-efficient cars of the future are built right here in America. I'll make it easier for the American people to afford these new cars. And I'll invest 150 billion dollars over the next decade in affordable, renewable sources of energy - wind power and solar power and the next generation of biofuels; an investment that will lead to new industries and five million new jobs that pay well and can't ever be outsourced.

America, now is not the time for small plans.

Now is the time to finally meet our moral obligation to provide every child a world-class education, because it will take nothing less to compete in the global economy. Michelle and I are only here tonight because we were given a chance at an education. And I will not settle for an America where some kids don't have that chance. I'll invest in early childhood education. I'll recruit an army of new teachers, and pay them higher salaries and give them more support. And in exchange, I'll ask for higher standards and more accountability. And we will keep our promise to every young American - if you commit to serving your community or your country, we will make sure you can afford a college education.

Now is the time to finally keep the promise of affordable, accessible health care for every single American. If you have health care, my plan will lower your premiums. If you don't, you'll be able to get the same kind of coverage that members of Congress give themselves. And as someone who watched my mother argue with insurance companies while she lay in bed dying of cancer, I will make certain those companies stop discriminating against those who are sick and need care the most.

Now is the time to help families with paid sick days and better family leave, because nobody in America should have to choose between keeping their jobs and caring for a sick child or ailing parent.

Now is the time to change our bankruptcy laws, so that your pensions are protected ahead of CEO bonuses; and the time to protect Social Security for future generations.

And now is the time to keep the promise of equal pay for an equal day's work, because I want my daughters to have exactly the same opportunities as your sons.

Now, many of these plans will cost money, which is why I've laid out how I'll pay for every dime - by closing corporate loopholes and tax havens that don't help America grow. But I will also go through the federal budget, line by line, eliminating programs that no longer work and making the ones we do need work better and cost less - because we cannot meet twenty-first century challenges with a twentieth century bureaucracy.

And Democrats, we must also admit that fulfilling America's promise will require more than just money. It will require a renewed sense of responsibility from each of us to recover what John F. Kennedy called our "intellectual and moral strength." Yes, government must lead on energy independence, but each of us must do our part to make our homes and businesses more efficient. Yes, we must provide more ladders to success for young men who fall into lives of crime and despair. But we must also admit that programs alone can't replace parents; that government can't turn off the television and make a child do her homework; that fathers must take more responsibility for providing the love and guidance their children need.

Individual responsibility and mutual responsibility - that's the essence of America's promise.

And just as we keep our keep our promise to the next generation here at home, so must we keep America's promise abroad. If John McCain wants to have a debate about who has the temperament, and judgment, to serve as the next Commander-in-Chief, that's a debate I'm ready to have.

For while Senator McCain was turning his sights to Iraq just days after 9/11, I stood up and opposed this war, knowing that it would distract us from the real threats we face. When John McCain said we could just "muddle through" in Afghanistan, I argued for more resources and more troops to finish the fight against the terrorists who actually attacked us on 9/11, and made clear that we must take out Osama bin Laden and his lieutenants if we have them in our sights. John McCain likes to say that he'll follow bin Laden to the Gates of Hell - but he won't even go to the cave where he lives.

And today, as my call for a time frame to remove our troops from Iraq has been echoed by the Iraqi government and even the Bush Administration, even after we learned that Iraq has a $79 billion surplus while we're wallowing in deficits, John McCain stands alone in his stubborn refusal to end a misguided war.

That's not the judgment we need. That won't keep America safe. We need a President who can face the threats of the future, not keep grasping at the ideas of the past.

You don't defeat a terrorist network that operates in eighty countries by occupying Iraq. You don't protect Israel and deter Iran just by talking tough in Washington. You can't truly stand up for Georgia when you've strained our oldest alliances. If John McCain wants to follow George Bush with more tough talk and bad strategy, that is his choice - but it is not the change we need.

We are the party of Roosevelt. We are the party of Kennedy. So don't tell me that Democrats won't defend this country. Don't tell me that Democrats won't keep us safe. The Bush-McCain foreign policy has squandered the legacy that generations of Americans -- Democrats and Republicans - have built, and we are here to restore that legacy.

As Commander-in-Chief, I will never hesitate to defend this nation, but I will only send our troops into harm's way with a clear mission and a sacred commitment to give them the equipment they need in battle and the care and benefits they deserve when they come home.

I will end this war in Iraq responsibly, and finish the fight against al Qaeda and the Taliban in Afghanistan. I will rebuild our military to meet future conflicts. But I will also renew the tough, direct diplomacy that can prevent Iran from obtaining nuclear weapons and curb Russian aggression. I will build new partnerships to defeat the threats of the 21st century: terrorism and nuclear proliferation; poverty and genocide; climate change and disease. And I will restore our moral standing, so that America is once again that last, best hope for all who are called to the cause of freedom, who long for lives of peace, and who yearn for a better future.

These are the policies I will pursue. And in the weeks ahead, I look forward to debating them with John McCain.

But what I will not do is suggest that the Senator takes his positions for political purposes. Because one of the things that we have to change in our politics is the idea that people cannot disagree without challenging each other's character and patriotism.

The times are too serious, the stakes are too high for this same partisan playbook. So let us agree that patriotism has no party. I love this country, and so do you, and so does John McCain. The men and women who serve in our battlefields may be Democrats and Republicans and Independents, but they have fought together and bled together and some died together under the same proud flag. They have not served a Red America or a Blue America - they have served the United States of America.

So I've got news for you, John McCain. We all put our country first.

America, our work will not be easy. The challenges we face require tough choices, and Democrats as well as Republicans will need to cast off the worn-out ideas and politics of the past. For part of what has been lost these past eight years can't just be measured by lost wages or bigger trade deficits. What has also been lost is our sense of common purpose - our sense of higher purpose. And that's what we have to restore.

We may not agree on abortion, but surely we can agree on reducing the number of unwanted pregnancies in this country. The reality of gun ownership may be different for hunters in rural Ohio than for those plagued by gang-violence in Cleveland, but don't tell me we can't uphold the Second Amendment while keeping AK-47s out of the hands of criminals. I know there are differences on same-sex marriage, but surely we can agree that our gay and lesbian brothers and sisters deserve to visit the person they love in the hospital and to live lives free of discrimination. Passions fly on immigration, but I don't know anyone who benefits when a mother is separated from her infant child or an employer undercuts American wages by hiring illegal workers. This too is part of America's promise - the promise of a democracy where we can find the strength and grace to bridge divides and unite in common effort.

I know there are those who dismiss such beliefs as happy talk. They claim that our insistence on something larger, something firmer and more honest in our public life is just a Trojan Horse for higher taxes and the abandonment of traditional values. And that's to be expected. Because if you don't have any fresh ideas, then you use stale tactics to scare the voters. If you don't have a record to run on, then you paint your opponent as someone people should run from.

You make a big election about small things.

And you know what - it's worked before. Because it feeds into the cynicism we all have about government. When Washington doesn't work, all its promises seem empty. If your hopes have been dashed again and again, then it's best to stop hoping, and settle for what you already know.

I get it. I realize that I am not the likeliest candidate for this office. I don't fit the typical pedigree, and I haven't spent my career in the halls of Washington.

But I stand before you tonight because all across America something is stirring. What the nay-sayers don't understand is that this election has never been about me. It's been about you.

For eighteen long months, you have stood up, one by one, and said enough to the politics of the past. You understand that in this election, the greatest risk we can take is to try the same old politics with the same old players and expect a different result. You have shown what history teaches us - that at defining moments like this one, the change we need doesn't come from Washington. Change comes to Washington. Change happens because the American people demand it - because they rise up and insist on new ideas and new leadership, a new politics for a new time.

America, this is one of those moments.

I believe that as hard as it will be, the change we need is coming. Because I've seen it. Because I've lived it. I've seen it in Illinois, when we provided health care to more children and moved more families from welfare to work. I've seen it in Washington, when we worked across party lines to open up government and hold lobbyists more accountable, to give better care for our veterans and keep nuclear weapons out of terrorist hands.

And I've seen it in this campaign. In the young people who voted for the first time, and in those who got involved again after a very long time. In the Republicans who never thought they'd pick up a Democratic ballot, but did. I've seen it in the workers who would rather cut their hours back a day than see their friends lose their jobs, in the soldiers who re-enlist after losing a limb, in the good neighbors who take a stranger in when a hurricane strikes and the floodwaters rise.

This country of ours has more wealth than any nation, but that's not what makes us rich. We have the most powerful military on Earth, but that's not what makes us strong. Our universities and our culture are the envy of the world, but that's not what keeps the world coming to our shores.

Instead, it is that American spirit - that American promise - that pushes us forward even when the path is uncertain; that binds us together in spite of our differences; that makes us fix our eye not on what is seen, but what is unseen, that better place around the bend.

That promise is our greatest inheritance. It's a promise I make to my daughters when I tuck them in at night, and a promise that you make to yours - a promise that has led immigrants to cross oceans and pioneers to travel west; a promise that led workers to picket lines, and women to reach for the ballot.

And it is that promise that forty five years ago today, brought Americans from every corner of this land to stand together on a Mall in Washington, before Lincoln's Memorial, and hear a young preacher from Georgia speak of his dream.

The men and women who gathered there could've heard many things. They could've heard words of anger and discord. They could've been told to succumb to the fear and frustration of so many dreams deferred.

But what the people heard instead - people of every creed and color, from every walk of life - is that in America, our destiny is inextricably linked. That together, our dreams can be one.

"We cannot walk alone," the preacher cried. "And as we walk, we must make the pledge that we shall always march ahead. We cannot turn back."

America, we cannot turn back. Not with so much work to be done. Not with so many children to educate, and so many veterans to care for. Not with an economy to fix and cities to rebuild and farms to save. Not with so many families to protect and so many lives to mend. America, we cannot turn back. We cannot walk alone. At this moment, in this election, we must pledge once more to march into the future. Let us keep that promise - that American promise - and in the words of Scripture hold firmly, without wavering, to the hope that we confess.

Thank you, God Bless you, and God Bless the United States of America.

giovedì 28 agosto 2008

Denver, Obama candidato ufficiale. Bill Clinton: «È lui l'uomo giusto»


Barack nominato per acclamazione alla convention democratica sfidante ufficiale per la Casa Bianca. I Clinton (Bill e Hillary) assolutamente leali e motivati: un appoggio incondizionato, per sconfinggere a novembre il "vecchio" McCain. E' un momento storico, non era mai accaduto prima. Sarà il primo presidente non-bianco degli Stati Uniti? Stanotte il discorso di accettazione di Obama in uno stadio gremito di 76.000 persone, a 45 anni esatti dal discorso "I have a dream" di Martin Luther King.

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mercoledì 27 agosto 2008

Hillary vota Obama: "Sarà come Bill"


La Clinton infiamma la platea di Denver appoggiando l'ex rivale: «È il mio candidato». Attacchi a Bush e McCain. Il senatore dell'Illinois la chiama: «Sei stata eccezionale».

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sabato 23 agosto 2008

E' Biden il vice di Obama. Scelto un esperto di politica estera



Sessantacinque anni, cattolico, senatore del Delaware, presidente
della commissione affari internazionali del Senato. Con la scelta di Biden, al termine di una caccia di due mesi condotta in quasi assoluto segreto, Obama ha optato per un vice dalla grande esperienza in politica estera e nel mondo politico di Washington. Un ticket di forte impatto per la conquista della Casa Bianca, Obama presidente e Biden vice-presidente sono pronti per la vittoria in novembre.

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martedì 19 agosto 2008

Perché stare con Barack è un atto di fede che fa mettere mano al portafoglio


Un soldo per il suo sorriso. Le parole, troppe parole, non servono, perché quel che vuol trasmettere, Barack Obama, ce l’ha negli occhi che punta dritti sempre verso qualcuno.

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lunedì 28 luglio 2008

Gallup: Obama 49%, McCain 40%



Barack Obama e' in testa su John McCain, nell'ultimo sondaggio Gallup Poll Daily tra gli elettori registrati a livello nazionale, con un margine di 9 punti, e cioe' 49% a 40%. Il sondaggio e' stato svolto tra il 24-26 luglio.

sabato 5 luglio 2008

Obama punta sul grigio


di Mario Calabresi, corrispondente di Repubblica



Da una decina di giorni ha lasciato gli abiti blu e veste di grigio o marrone, parla leggermente più lento, si muove e cammina più come un bravo figliolo che come un rapper, dice cose di buon senso e appare sempre più moderato. Gli si sono perfino imbiancati i capelli. «Il grigio procede velocemente», ha ammesso e potrebbe essere il suo nuovo slogan elettorale.


Lo spostamento al centro di Barack Obama ha toccato tutti i temi dell´agenda elettorale, oltre che la sua immagine. Dalla pena di morte all´Iraq, dalle armi alla religione ha fatto uno scivolamento verso posizioni meno radicali lasciando sbigottita la sinistra democratica e galvanizzando i commentatori conservatori che lo accusano di essere un voltagabbana.


L´ultima affermazione ad avere scatenato polemiche è venuta durante un discorso in North Dakota, in cui ha ripetuto che la guerra in Iraq è sbagliata ma ha aggiunto di essere pronto a «rimettere a punto» i suoi piani e la tempistica del ritiro dei soldati dopo che avrà incontrato i comandanti militari a Bagdad quest´estate. Perché, ha spiegato, bisogna tener conto della sicurezza delle truppe e farsi carico della stabilità dell´Iraq.


La squadra repubblicana ha reagito deridendolo: «Ha cambiato radicalmente posizione adottando quella di McCain e dimostrando che le parole non contano. Ci congratuliamo con lui per aver cambiato idea». Obama si è difeso ricordando che è l´unico ad essersi opposto alla guerra fin dal 2003 e intende chiuderla al più presto. Ma solo a marzo, la sua consigliera di politica estera Samantha Power era stata smentita e si era dovuta dimettere per aver detto esattamente le stesse cose.


La verità è che ora ogni dichiarazione di Obama viene letta cercando di inqudrarla in quel processo di spostamento al centro che caratterizzò le campagne di Bill Clinton. La svolta moderata non è un´invenzione dei media, è una scelta strategica di Obama che vuole vincere le elezioni e non ha nessuna intenzione di lasciare i moderati e gli elettori religiosi ai repubblicani.


Ed è una svolta che è partita dall´immagine: più tranquilla e rassicurante. Ai settimanali popolari sono state distribuite le foto di famiglia, la moglie Michelle è stata descritta come una perfetta donna di casa, si vede Obama che insegna alle bambine a sparare al luna park e la famiglia in vacanza a Disneyland.


Ma la settimana scorsa molti suoi supporter sono rimasti perplessi di fronte alla sua scelta di criticare la Corte Suprema quando ha bocciato la possibilità di condannare a morte chi stupra un bambino (Obama si è detto favorevole alla pena capitale per chi si macchia di crimini particolarmente odiosi, anche se non hanno causato la morte della vittima) e di non attaccarla sulla decisione di considerare un diritto intoccabile quello di possedere un´arma. Non ha osteggiato la richiesta di Bush di garantire l´immunità alle compagnie telefoniche che dopo l´11 settembre hanno spiato illegalmente privati cittadini, su richiesta del governo ma senza autorizzazione dei magistrati. Per corteggiare gli evangelici ha annunciato che darà un ruolo maggiore ai gruppi religiosi e aumenterà il numero di servizi sociali che saranno appaltati alle Chiese e ha detto che il diritto di abortire in una fase avanzata della maternità deve essere garantito in caso di pericolo per la salute della madre con limiti stretti e ben precisi, ma - a differenza dei gruppi abortisti che lo hanno sostenuto - non considera i disagi psichici come un motivo valido.


A completare il quadro bisogna raccontare come dopo aver vantato di essere il candidato finanziato soltanto dai cittadini comuni abbia cominciato in tour di cene per raccogliere fondi in cui un posto a tavola si paga 28.500 dollari a testa. La settimana scorsa a Los Angeles ha incassato 5 milioni di dollari in una sola serata, grazie ad una festa con le star di Hollywood, e ora andrà nei salotti di Park Avenue.
Il New York Times ieri lo ha criticato aspramente con un editoriale in cui ha scritto che c´è «un nuovo Barack Obama», ma che non convince: «Non ci stupisce il fatto che un candidato si sposti al centro per le elezioni generali, ma la svolta di Obama colpisce perché viene dal candidato che proponeva di cambiare faccia alla politica, dall´uomo che con passione prometteva di non fare vecchi giochi politici».


Lui tira dritto, la sua immagine è più tranquilla e moderata ma continua a promettere la chiusura di Guantanamo, la fine della guerra, l´assicurazione sanitaria per tutti, tagli fiscali ai poveri e agli anziani, di firmare gli accordi sul clima e di investire nel sistema scolastico pubblico. Ma se c´è da mettersi la spilletta con la bandiera a stelle e strisce per non essere accusato di scarso patriottismo lo fa senza battere ciglio.


Per il resto, continua a promettere il sogno. E non rinuncia ai suoi colpi di immagine e alla simbologia: sta pensando di tenere il discorso di accettazione della candidatura, quello che chiuderà la Convention di Denver, all´aperto, nello stadio dove gioca la squadra di football dei Broncos (76mila posti) anziché al Pepsi Center (20mila posti) per aprire il più possibile l´evento ai suoi sostenitori e ai comuni cittadini, non solo alla stampa e ai delegati di partito. C´è un precedente: John Kennedy al Memorial Coliseum di Los Angeles nel 1960. E se non bastasse, sarà il 28 agosto, esattamente nel 45esimo anniversario del più famoso discorso di Martin Luther King: «I have a dream».

lunedì 23 giugno 2008

Un italiano al fianco di Obama


Lo staff di Barack Obama parla italiano. Aldo Civico, esperto della Columbia University, entra nella squadra di politica estera del candidato democratico alla Casa Bianca.

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domenica 22 giugno 2008

Il gran balzo di Obama


Nell'ultimo sondaggio pubblicato da NEWSWEEK sull'esito delle elezioni presidenziali di novembre il candidato democratico ha ormai uno stacco di 15 punti sul repubblicano McCain, 56% a 31%.

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mercoledì 18 giugno 2008

Obama batte McCain (come sempre)


Nel primo sondaggio pubblicato dopo la conclusione delle primarie democratiche, Barack Obama mantiene un leggero vantaggio sull'aspirante presidente repubblicano John McCain. Per il candidato democratico, comunque, non è ancora tempo di sonni tranquilli: i voti degli indipendenti alle elezioni potrebbero fare la differenza.

I risultati del sondaggio condotto da Washington Post-Abc vedono il senatore dell'Illinois in testa con il 48% delle preferenze, con un vantaggio di sei punti percentuali sull'avversiario. Il candidato repubblicano sembra però aver conquistato le simpatie degli elettori indipendenti, quelli che non sono registrati come votanti democratici o repubblicani, per i quali il senatore dell'Arizona sarebbe un presidente più credibile nella lotta al terrorismo.

martedì 17 giugno 2008

Al Gore: "Appoggerò Obama". Voci su un possibile ticket


FLINT (Michigan) - Proprio lui, il fedelissimo dei Clinton, che di Bill era stato vicepresidente. Al Gore ha annunciato il suo sostegno a Barack Obama. E il senatore, archiviata la vittoria con Hillary Clinton, incassa il nuovo endorsement. Un appoggio pesante, perché tanta è la popolarità del premio Nobel 2007, che con la sua seconda vita di paladino dell'ambiente ha lasciato alle spalle il suo peccato originale, quella sconfitta elettorale che aprì le porte al primo mandato di George W.Bush. L'annuncio ufficiale con Gore al fianco del candidato democratico alla Casa Bianca, sul palco della Jose Louis Arena a Detroit.

"Voglio fare tutto in quanto in mio potere da oggi fino alle elezioni (il 4 novembre, ndr) per far sì che sia eletto presidente degli Stati Uniti", si legge nella mail inviata ai suoi sostenitori, con cui Gore ha comunicato la notizia. A loro chiede sostegno economico. "Non vi ho mai chiesto di contribuire a una campagna politica prima di oggi, ma il momento e queste elezioni sono troppo importanti per non agire".

L'appoggio rilancia le congetture su un possibile ticket Obama-Gore. Ad aprile era stato lo stesso senatore dell'Illinois ad annunciare che lo avrebbe preso seriamente in considerazione per un posto nel suo governo: "Posso garantirvi che Al Gore sarà invitato a entrare nella mia amministrazione - disse Obama durante un discorso in Indiana - anche se non so so se a lui interessa o se vorrà accettare".

venerdì 13 giugno 2008

L'economia secondo Obama "Amo il mercato ma difendo i deboli"


Il candidato democratico spiega la sua ricetta in campo economico "Aumenterò le tasse agli americani che hanno un reddito alto".

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mercoledì 4 giugno 2008

MOMENTO STORICO, OBAMA HA VINTO: SARA' LUI IL CANDIDATO DEMOCRATICO


WASHINGTON - Il senatore Barack Obama sarà il primo nero nella storia a giocarsi la presidenza nell'Election Day di novembre. Per tutti i media americani (anche per la più prudente Cnn) alle 3.01 italiane ha raggiunto la matematica certezza di avere la maggioranza dei delegati democratici per essere nominato candidato a correre alla Casa Bianca. Poi, in seguito, arriva anche la vittoria in uno dei due ultimi Stati, il Montana.

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lunedì 2 giugno 2008

Obama a un passo dal quorum per la nomination


Per il New York Times i consiglieri della campagna elettorale di Hillary Clinton ammettono che la ex first lady, nel corso dell’ultima settimana, avrebbe cominciato a farsi una ragione del fatto che quasi sicuramente non riuscirà a ottenere la nomination. Secondo fonti vicine alla sua campagna, è probabile che la Clinton termini la sua corsa presidenziale dopo le ultime primarie in calendario in Montana e Sud Dakota (previste martedi' 3 giugno) con un discorso, probabilmente da New York, in cui gettera' la spugna, darà il suo appoggio al rivale e chiedera' ai suoi fan di votarlo. Numeri alla mano, Barak Obama resta matematicamente irraggiungibile quanto a delegati eletti dopo il verdetto su Florida e Michigan che ha riammesso, dimezzandoli, i delegati degli stati ribelli alla Convention di agosto. Il gioco duro di Hillary e' comunque scandaloso: ha messo a repentaglio l'unita' del partito democratico e soprattutto impedisce a Obama di concentrare le sue energie e strategie per battere a novembre John McCain. La Clinton non sara' mai la vice di Obama nel ticket, gira semmai voce che possa aspirare ad essere (eventualmente) il ministro della Sanita', in caso di vittoria di Barack il 4 novembre.

giovedì 15 maggio 2008

John Edwards: endorsement per Obama!


La notizia, la piu' clamorosa delle ultime settimane, e' arrivata mercoledi' sera, poco prima dei telegiornali Usa delle 6:30. John Edwards, ex candidato presidenziale, da oggi appoggia ufficialmente Barack Obama nella corsa alla Casa Bianca; e chiede alla sua base (vari milioni di elettori) di votare il senatore dell'Illinois. La news e' cruciale e piomba con fragore e assoluta tempestivita' sulle presidenziali Usa, subito dopo la netta vittoria di Hillary Clinton in West Virginia. E' un punto di svolta, politico, tattico e strategico: Edwards garantira' e coprira' adeguatamente quell'elettorato bianco, non colto, della mid America, che ancora e' riluttante a votare Obama. Hillary accusa il colpo e boccheggia. Per Obama e' ormai fatta. La nomination e' sua non solo in termini di delegati (i numeri ci sono gia') ma anche in termini puramente politici. E forse Edwards sara' nel ticket come vice-presidente.

mercoledì 14 maggio 2008

Perché stare con Barack è un atto di fede che fa mettere mano al portafoglio


Clinton vince in West Virginia, ma Obama ormai è irraggiungibile.


Un soldo per il suo sorriso. Le parole, troppe parole, non servono, perché quel che vuol trasmettere, Barack Obama, ce l’ha negli occhi che punta dritti sempre verso qualcuno, nel gesticolare che pare un immenso abbraccio, nell’orgoglio del colore della pelle, nell’ironia con cui ripete: “Chi l’avrebbe mai detto che sarei arrivato fino a qui”. Per questo sogno, per questa avventura, per questo sorriso, un milione e mezzo di individui hanno deciso di dare un soldo: mai tanti piccoli donatori si erano visti tutti insieme, pronti a iniettare nuovi fondi a ogni richiesta del candidato presidenziale. Cinque, dieci dollari. E se poi c’è da darne ancora un po’, va bene.

Continua »di Paola Peduzzi

sabato 10 maggio 2008

United States Obamerica


McCain-Obama. Non è ancora ufficiale, Hillary combatterà fino all’ultimo per contendere al senatore nero la nomination, ma i quartieri generali del senatore repubblicano e del suo probabile avversario democratico stanno rimodulando toni, programmi e strategie in vista delle presidenziali del 4 novembre. Così la sfida epocale tra il nero dell’Illinois e l’eroe bianco McCain ridisegna i confini degli Stati Uniti.

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mercoledì 7 maggio 2008

Obama vince in North Carolina. Quasi pareggio in Indiana


Barack Obama ha vinto in North Carolina con un margine di vantaggio di ben 14 punti rispetto a Hillary Clinton, 56% a 42%, intercettando la maggior parte dei 115 delegati (era l'ultimo grande stato delle primarie). Il candidato democratico alla Casa Bianca ha ottenuto un bel successo anche in Indiana, dove la Clinton era favorita: il risultato e' stato 51% Clinton, 49% Obama (in palio c'erano 72 delegati). Obama e' ormai virtualmente il candidato democratico alla Casa Bianca, per voto popolare e per numero di delegati: sara' quasi sicuramente lui a sfidare il repubblicano John McCain nelle elezioni di novembre.

martedì 6 maggio 2008

Sondaggio: Obama batte McCain 51% a 40%


Barack Obama ha recuperato il momentaneo svantaggio creato da quell'idiota in cerca di pubblicita' del suo ex prete il Reverendo Jeremiah Wright, stando all'ultimo sondaggio CBS News/New York Times. Il recupero e' avvenuto dopo che il candidato democratico alla Casa Bianca ha preso le distanze (senza se e senza ma) eppure con la massima civilta' e tolleranza, dal controverso "pastore". Al punto che - il dato e' clamoroso - Obama ora batte il candidato repubblicano John McCain di ben 11 punti, cioe' 51% a 40%, in un'ipotetica corsa a due in autunno. La differenza e' notevole perche' lo stesso sondaggio CBS News/New York Times lo scorso mercoledi' dava parita' assoluta tra Obama e McCain. Oggi si vota nelle cruciali primarie democratiche in North Carolina (115 delegati) e Indiana (72 delegati). Nei sondaggi in North Carolina Obama e' in testa su Hillary Clinton 50 a 42% e in Indiana la Clinton e' in testa 48% a 44% (sondaggio Usa Today/Gallup).

>>> Guarda il sondaggio CBS News/New York Times

venerdì 25 aprile 2008

Terminator


Obama non riesce a scrollarsi di dosso Hillary Clinton, non riesce a chiudere la partita, non riesce a vincere in nessuno dei grandi stati americani, tranne il suo. C’è da capirlo, ha scritto il Wall Street Journal, se la notte si sveglia con l’incubo di trovarsi in un film tipo “Terminator” di fronte […]

articolo di Christian Rocca da New York

domenica 20 aprile 2008

Obama in testa per delegati e voto popolare


In Pennsylvania si vota per le primarie il 22 aprile. Ecco l'ultimo sondaggio uscito stamattina negli Stati Uniti relativo alle primarie di martedi': tra gli elettori democratici, il 48% preferisce Hillary Clinton come candidata alla Casa Bianca, il 43% sceglie Barack Obama (*). Appena poche settimane fa il vantaggio della Clinton era a due cifre mentre ora si e' ridotto a 5 punti. Anche se la Clinton vincesse le primarie (come sembra accadra') in questo stato di blue-collar tradizionalmente portato a non farsi entusiasmare dalle novita', e se anche vincesse per ipotesi di 10 punti, mettiamo 55% a 45%, la ex First Lady non potra' raggiungere in nessun caso il vantaggio che le servirebbe in termini di voto popolare e delegati per ottenere la nomination. Obama e' gia' virtualmente vincitore: ad oggi ha 1.653 delegati (compresi i super-delegati) e il 49% del voto popolare, mentre la Clinton ha raccolto in totale 1.513 delegati e il 47% del voto popolare. Lo stacco e' quindi di circa 700.000 voti. Se Hillary vincesse in Pennsylvania non avrebbe ne' abbastanza delegati ne' abbastanza voti per stoppare il candidato del cambiamento.


* Fonte: Mason-Dixon Polling and Research of 625 Pennsylvania Democratic primary likely voters conducted for McClatchy, MSNBC and the Pittsburg Post-Gazette; April 17-18, 2008, margin of error: +/- 4 percentage points.

lunedì 14 aprile 2008

Gallup: Obama ancora in forte vantaggio


Nell'ultimo sondaggio Gallup svolto nel periodo 10-12 aprile Barack Obama continua a mantenere un solido vantaggio nei confronti di Hillary Clinton tra gli elettori democratici a livello nazionale: 50% a 41% favoriscono il senatore dell'Illinois per la nomination alle presidenziali di novembre.

>>Guarda il sondaggio Gallup

mercoledì 9 aprile 2008

Il Gotham di Obama


Sul New York Times del 2 aprile scorso è stato pubblicato un articolo molto interessante sul lettering usato in tutta la comunicazione di Barack Obama: To the Letter Born. La sua campagna, secondo Brian Collins, art director intervistato dal quotidiano, è un capolavoro di attenzione e accuratezza visiva.
Proprio perché quella di Obama è la prima vera campagna transmediale - che corre sui cellulari, device mobili, siti web, email, social network, iPod, portatili, così come sui media più tradizionali - il suo staff di comunicatori ha puntato fortemente sul visual design come elemento unificante.
Il font è il Gotham, dalle qualità ossimoriche e per questo così popolare. Ha una semplicità squadrata e geometrica, eppure è caldo. Solido, ma amichevole. Moderno, ma familiare.
Un font, come il logo rosso e blu, scelto per disegnare un orizzonte che possa includere più persone possibili.

post tratto da Il blog del Mestiere di Scrivere di Luisa Carrada

domenica 6 aprile 2008

Chi batte McCain? Obama 56%, Clinton 32%


Nell'ultimo sondaggio NBC/Washington Post il vantaggio di Barack Obama sulla rivale Hillary Clinton e' diventato incolmabile, per l'ex first lady: alla domanda "quale sara' il risultato a novembre contro il repubblicano John McCain per i due candidati democratici?" il 56% degli americani ha risposto Barack Obama, rispetto al 32% che invece favorisce Hillary Clinton. Il sondaggio e' stato annunciato dal programma domenicale con Tim Russert su NBC "Meet the Press".

>> vai sul sito Meet the Press

venerdì 4 aprile 2008

Obama raccoglie il doppio dei soldi di Hillary


Barack Obama ha raccolto a marzo in fundraising $40 milioni, cioe' esattamente il doppio rispetto ai $20 milioni della rivale Hillary Clinton. Questa montagna di soldi sara' molto utile per la cruciale campagna elettorale in Pennsylvania. Obama e' un fenomeno inarrestabile anche perche' la donazione media (quasi tutte via internet) e' di $96 a persona: finora hanno dato il loro contributo 1.3 milioni di americani, un nuovo record assoluto per la politica statunitense. Obama ha raccolto nei primi tre mesi del 2008 $131 milioni rispetto ai $70 della Clinton. E i grandi elettori stanno per adeguarsi: hanno fatto capire che se con le rimanenti primarie la Clinton non superera' Obama nel voto popolare (cosa molto difficile) i loro fondi saranno dirottati tutti al senatore dell'Illinois. Ormai e' di gran lunga lui il candidato piu' forte, stando alla regola del "follow the money".


>> Leggi l'articolo Obama Raises Twice As Much As Clinton

lunedì 31 marzo 2008

Gallup: Obama 52%, Clinton 42%


Barack Obama ha aumentato il vantaggio su Hillary Clinton, lo dicono gli elettori democratici a livello nazionale favorendolo al 52% contro il 42%. E' il terzo sondaggio Gallup Poll Daily in cui il senatore dell'Illinois ha un vantaggio statistico significativo sulla rivale ex first lady, ed e' quello in cui lo stacco e' piu' forte.

>> Leggi l'articolo di Gallup

venerdì 28 marzo 2008

Fear Factor: e' ora che Hillary getti la spugna



WASHINGTON (CNN) - Due importanti "supporter" di alto profilo di Barack Obama hanno chiesto oggi alla rivale Hillary Clinton di gettare la spugna e abbandonare la corsa per la nomination del partito democratico alla Casa Bianca. Si tratta di due pezzi grossi: il Sen. Patrick Leahy del Vermont e il Sen. Chris Dodd del Connecticut, lui stesso candidato presidenziale fino a gennaio. Nel partito democratico cresce la preoccupazione per le divisioni che la doppia candidatura in fase cosi' avanzata nelle primarie puo' creare alla base. Sale anche il timore che la percentuale di elettori che nei sondaggi giudicano negativamente Hillary Clinton, sia ormai troppo alta (e' superiore al 50%) perche' la ex first lady possa avere chance reali di vittoria a novembre contro il repubblicano John McCain.

>> leggi l'articolo su CNN

venerdì 21 marzo 2008

Obama: “L’Iraq è un dazio sulla nostra economia”


Una guerra costosa, in termini di sangue e denaro: all’indomani del quinto anniversario dell’attacco americano a Baghdad, Barack Obama sceglie di puntare sull’economia per dimostrare quanto il conflitto in Iraq voluto dall’amministrazione Bush sia stato - e sia ancora - un errore e non la “scelta giusta” difesa ancora ieri dal presidente.

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mercoledì 19 marzo 2008

Obama affronta la questione razziale:
la rabbia è reale ma no alle divisioni

Il candidato democratico alla Casa Bianca: «Il risentimento della comunità nera è potente. Condannarlo senza capirne le radici aumenta il baratro di incomprensione tra le razze».

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mercoledì 12 marzo 2008

Obama stravince in Mississippi


In palio in Mississippi c'erano 33 delegati, di cui Obama ha vinto la fetta più grossa (i calcoli definitivi richiederanno qualche tempo). Prima del voto, arrivato dopo 43 tappe in stati e territori americani dove si è votato negli ultimi due mesi, Obama era in testa nella corsa con 1.591 delegati, contro i 1.467 di Hillary Clinton (per la nomination sono necessari 2.025
delegati). Con i successi in Mississippi e in Wyoming, Obama ha praticamente recuperato in termini numerici ciò che aveva perso nel martedì elettorale della settimana scorsa, quando la Clinton si era imposta in Texas, Ohio e Rhode Island (il senatore si era aggiudicato il Vermont).

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domenica 9 marzo 2008

Obama vince in Wyoming
"Non farò il vice di Hillary"


Il senatore dell'Illinois conquista il 61% dei consensi contro il 38% ottenuto dalla ex first lady. A lui 7 dei 12 delegati in palio. Alla Cbs: "Io corro per la presidenza, non per altro".

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sabato 8 marzo 2008

Grande: le scarpe bucate di Obama




Obama ha consumato le suole girando in lungo e largo gli Stati Uniti per la campagna elettorale. Foto di Grazia Neri.
Copyright © Corriere della Sera

venerdì 7 marzo 2008

Passo falso dell'ex fascista Fini su Obama


USA 2008: VELTRONI, CONSEGUENZE DA GAFFE FINI SU OBAMA

"Fini, che e' stato ministro degli Esteri, oggi ha detto di non credere che gli Stati Uniti siano pronti per la presidenza di Obama, perche' sarebbe il primo presidente nero. E' una gaffe che puo' avere gravi conseguenze nei rapporti tra l'Italia e gli Stati Uniti". Cosi' il candidato premier del Pd, Walter Veltroni, in un passaggio del suo intervento ad una iniziativa a Ravenna, commenta le parole pronunciate dal leader di An. "Penso, invece, che sia molto bello quello che sta succedendo negli Usa: si realizza il sogno di Martin Luther King che, 45 anni fa, sognava appunto che un bambino nero e un bambino bianco potessero darsi la mano. Oggi - prosegue Veltroni - uno di quei bambini neri e' tra i piu' autorevoli candidati alla presidenza degli Stati Uniti ed e' la dimostrazione del mondo che cambia perche' - conclude - il mondo non e' fatto di persone con il colore della pelle diversa".

I giovani sono tutti per Obama


Anche Rolling Stone incorona Barack Obama. L'endorsement del settimanale Usa, che oltre ad aver fama di bibbia del mondo musicale ha anche eccellenti articoli di politica e inchieste giornalistiche, conferma l'appeal che il candidato democratico ha nei confronti dei giovani.

>Leggi l'articolo The Machinery of Hope

Inside the grass-roots field operation of Barack Obama, who is transforming the way political campaigns are run - By TIM DICKINSON

domenica 2 marzo 2008

Sostenitori di Obama chiedono alla Clinton di mollare, se non vince in Texas


Alcuni grandi supporter di Barack Obama, insieme ad almeno uno dei rappresentanti piu' in vista del partito democratico, hanno cominciato a fare forti pressioni nei confronti di Hillary Rodham Clinton, chiedendo alla ex first lady di ritirarsi dalla corsa alla Casa Bianca a meno che non incassi qualche sonora vittoria in Texas, Ohio, Rhode Island e Vermont martedi' 4 marzo.

> Leggi l'articolo del New York Times

Tutti gli uomini del presidente Obama

Barack Obama fa sognare a occhi aperti, ma oggi nessuno è in grado di prevedere che tipo di presidente sarebbe se riuscisse, come è probabile, a sconfiggere Hillary Clinton alle primarie democratiche e poi, come è possibile, a battere il repubblicano John McCain il 4 novembre prossimo. Le sue proposte...

>Leggi l'articolo

mercoledì 27 febbraio 2008

Obama vincitore dell'ultimo duello tv


I telespettatori scelgono Barack col 70% dei voti. Hillary, pronta a sfruttare le gaffe dell'avversario, non riesce a mettere ko il senatore prima delle primarie decisive del 4 marzo in Texas e Ohio. Obama è ormai in vantaggio secondo tutti i sondaggi nazionali: la Clinton sembra spacciata e la sua strategia di attacco frontale convince sempre meno.

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martedì 26 febbraio 2008

Obama vola: 16 punti davanti a Hillary

A una settimana dalle decisive primarie in Texas e in Ohio, Barack ha preso il largo. Gli elettori: può battere McCain. L’ex First lady perde il sostegno delle donne.

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domenica 24 febbraio 2008

Sondaggio: Obama batte McCain 48% a 40%


A "Meet the Press", il programma condotto ogni domenica da Tim Russert su NBC, sono stati annunciati i dati di un sondaggio "NBC-Wall Street Journal" su quale candidato gli americani voterebbero per le elezioni alla Casa Bianca di novembre. In un potenziale match Clinton vs McCain, il repubblicano vincerebbe in questo momento 48% a 40%. Ma se il candidato democratico fosse Barack Obama, Obama batterebbe McCain 48% a 40%.

Obama: "Se io fossi la Clinton, abbandonerei"


Dopo un altro rally in Texas in stile rock star - uno stadio gremito di 32.000 persone - Obama ha detto ai reporter a Columbus (Ohio) che lui "avrebbe gia' lasciato la corsa, se avesse perso 11 primarie consecutive come e' successo alla Clinton”. Intanto nello staff di Hillary serpeggia il pessimismo, scrive il New York Times: i volontari vanno a casa presto e staccano i BlackBerrys. Anche i fundraisers prendono le distanze...

Hillary out, inizia la gara Obama vs McCain

John McCain e Barack Obama sono già entrati nel clima della sfida presidenziale che, molto probabilmente, il 4 novembre li vedrà impegnati a contendersi la Casa Bianca. La partita di fatto è già cominciata e le campagne dei due senatori si stanno riorganizzando […]


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mercoledì 20 febbraio 2008

L'uomo della Provvidenza

Negli USA la Obamamania sta lentamente scivolando oltre l'ammirazione per un politico, oltre anche il tifo da stadio: sta diventando culto. Autorevoli quotidiani riportano di gente che sviene al suo passaggio, altrettanto autorevoli blog titolano Il mistero del culto di Obama, e lo sfottono chiamandolo Colui che cammina sulle acque.

Leggi l'intero post pubblicato in origine su Crisis? What Crisis? da Debora Billi

Obama, il messia

New York. Quando Barack Obama parla, la gente si abbraccia, piange, sviene. Le sue parole suscitano emozione, passione e fervore. “L’atmosfera ai suoi eventi – ha notato il quotidiano The Australian – è di quelle da chiedersi se da un momento all’altro Obama arriverà sul palco con un cesto di pani e pesci con cui […]

Continua...

Obama vince in Wisconsin, ormai e' quasi fatta

Barack Obama ha vinto ancora e si avvicina sempre piu' alla nomination, Hillary Clinton e' ormai a un passo dalla sconfitta. Il senatore 46enne, che continua a ispirare le masse e a convincere piu' indipendenti, piu' giovani e piu' uomini della Clinton, ha vinto le primarie in Wisconsin, ottenendo il 58% dei voti, contro il 41% per Hillary. Obama ha vinto in uno Stato in cui l'88 per cento degli elettori è bianco, e dove è alta la percentuale di persone dal basso reddito (uno dei serbatoi di voti, almeno in teoria, della senatrice di New York). Alle Hawaii Obama ha trionfato ottenendo il 76% delle preferenze contro il 24% della senatrice. Obama ha gia' conquistato 22 stati ed ormai e' nettamente in testa per il numero di delegati. Decisivo sara' il Texas, dove si vota tra due martedi', il 4 marzo.

lunedì 18 febbraio 2008

Il paradosso di Obama (sì, un altro)

New York. L’anno della Summer of Love, Barack Obama ha compiuto sei anni. Ai tempi del maggio francese ne aveva otto. Al concerto di Woodstock non ha potuto partecipare, perché frequenteva le elementari in Indonesia. In Vietnam non ci è andato né ha disertato, perché quando l’ultimo soldato americano è tornato dall’Indocina, Obama era soltanto […]

Leggere l'intero articolo su Il Foglio

giovedì 14 febbraio 2008

Perche' gli italiani hanno paura del nuovo?

Mi sorprende sempre di piu' lo spirito estremamente conservatore, o anche di rigetto psicologico del nuovo, di noi italiani. Vi racconto brevemente di come ne ho avuto l'ultima conferma. Ho mandato il link di questo blog ad alcuni amici e conoscenti (italiani e americani) che si riconoscono nel partito democratico (Usa). Ebbene la totalita' di loro, tra gli italiani, mi ha risposto "grazie, ma voto Hillary". Gli americani invece hanno tutti scritto: "fantastico, ottima idea per appoggiare Obama". Perche'? Come mai? Forse la capacita' di aspettarsi un futuro sostenuto da certezze del passato (Hillary) fa premio rispetto all'affascinante idea di cambiamento politico, sociale e di stile (Obama) di cui gli americani sono invece capaci ? La risposta - politica e psicologica - vorrei averla da tutti voi lettori di questo blog. Intanto ecco alcuni commenti:

1) Essì!Come dice San Paolo Krugman sul NYT, il piano sanitario di Obama fa acqua. Quello di Hillary (che invece è fotocopia di quello di Edwards) è molto più pregnante.

A presto Marco

PS. Se po' ffa'! Il nuovo slogan del piddi di Veltroni.

2) A me interessa la vittoria a novembre. E McCain avrebbe gioco molto facile contro Obama - remember the homelend security?
Io sono per Hillary.

Silvana

3) Non voto qui ma sostengo Hillary

mercoledì 13 febbraio 2008

Sul Potomac stravince Obama

Barack Obama ha vinto tutte e tre le ultime primarie democratiche battendo Hillary Clinton in Virginia, Maryland e nel District of Columbia (Washington) e facendo cosi' un enorme passo avanti per la nomination nella corsa alla Casa Bianca. Le cosidette primarie del Potomac hanno portato a otto le vittorie consecutive per il senatore dell'Illinois, che ormai ha un forte vantaggio in delegati sulla rivale Clinton. Obama ha stravinto in Virginia con il 64% dei voti contro il 34% di Hillary, mentre nella capitale Washington ha raggiunto addirittura il 75% (vs il 24% della Clinton). "Questa e' la nuova maggioranza americana'' ha detto Obama, 46 anni, in un magnifico discorso che ha commosso ed ispirato 18mila supporter riuniti in uno stadio di Madison, Wisconsin dove sta facendo campagna elettorale per le primarie del 19 febbraio. "Questo e' quel cambiamento di cui parliamo, quando viene dal basso".

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Yes, Amen

New York. Obama è il nuovo messia della politica americana, titola in copertina il tedesco Der Spiegel a poche settimane di distanza dalla cover “Sant’Obama” della rivista neoconservatrice The Weekly Standard. Il fattore messianico della candidatura del senatore nero dell’Illinois è la novità di questo ciclo elettorale, ormai completamente monopolizzato dalla straordinaria capacità di Obama di ispirare elettori e militanti non soltanto democratici grazie a quel suo messaggio ottimista e religiosamente laico a favore del cambiamento, dell’unità e del superamento delle tensioni sociali e culturali create negli anni Sessanta.

Leggi l'intero articolo di Christian Rocca

lunedì 11 febbraio 2008

Primarie, Obama supera Hillary

Il senatore afroamericano punta sull'effetto domino

Alla vigilia delle primarie degli Stati bagnati dal Potomac, Barack Obama ha superato la rivale Hillary Clinton. Il sorpasso è arrivato domenica, dai caucus del Maine: il senatore dell’Illinois ha raggiunto quota 1.134 nel numero totale di delegati e superdelegati, contro i 1.131 dell’ex First Lady.


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domenica 10 febbraio 2008

L'onda Obama travolge Hillary

WASHINGTON - Continua la corsa di Barack Obama verso la candidatura democratica alla Casa Bianca: il senatore afro-americano dell'Illinois ha vinto in modo schiacciante le tre competizioni democratiche in programma, in Louisiana, Nebraska e nello stato di Washington, battendo l'ex first lady Hillary Clinton anche nelle Isole Vergini, dove erano in palio 3 delegati.

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l'intero articolo (Corriere della Sera)

sabato 9 febbraio 2008

Obama è Mac, Hillary è Pc

Ecco qual è la differenza tra i due, secondo il NYT

http://www.nytimes.com/2008/02/04/technology/04link.html

Obama, una marcia formidabile

di Vittorio Zucconi - La Repubblica

Assorbiti dalla dinamica giornalistica della «corsa dei cavalli», da numeri, percentuali, risultati e sondaggi (più che mai smentiti dai voti reali anche in questo supermartedì) noi che guardiamo questa stagione elettorale americana così importante per giudicare la salute politica della democrazia cardine, rischiamo di dimenticare l´enormità storica di quanto stiamo vivendo: la formidabile marcia di un candidato al quale nessun sondaggista, nessun esperto, nessun «guru» elettorale aveva dato una seria possibilità di competere ancora un mese fa.


E che oggi, a oltre la metà della gara, vede la propria popolarità crescere in tutti i settori dell´elettorato, uomini bianchi, afro americani, giovani, persino quelle donne che dovrebbero essere la rocca imprendibile della signora Clinton, ancora testa a testa con lei oltre la metà della partita.Basta guardare la mappa elettorale uscita dai milioni di voti espressi martedì (una partecipazione inaudita a consultazioni primarie) per vedere sulla scacchiera degli stati americani come nessun altro, non il repubblicano McCain, forte soltanto lungo le coste, non il suo probabile futuro vice, Huckabee, campioncino del sud devoto e cristianista, e neppure la Clinton che pure ha vinto i grandi stati bagnati dai due oceani, ha lo stesso «appeal» traversale, nel sud, nella prateria, nel Midwest, nel Nord, che Barack Obama ha.

C´è una sorta di «Obama belt» di cintura di stati per lui, che si sta tendendo fra le Montagne Rocciose e l´Atlantco. Persino in stati come lo Idaho, dove una persona di colore si trova soltanto se è un turista di passaggio con l´auto guasta, il figlio di una tribù del Kenya, allevato da un patrigno indonesiano di fede musulmana, ha stravinto.Il cosiddetto "supermartedì" del 5 febbraio era stato costruito dagli ingegneri elettorali dei partiti per comprimere e abbreviare la maratona estenuante (e costosissima) delle primarie diffuse, incoronare un vincitore e dare quindi il tempo ai due finalisti di rifiatare, ricostitutire il tesoretto elettorale e poi lanciarsi verso le convention di fine agosto e di settembre, liberi da altre preoccupazioni.Il marchingegno era stato montato pensando soprattutto ai due favoriti e inevitabili vincitori delle previsioni, Rudy Giuliani, il «sindaco dell´11 settembre» e Hillary Clinton, colei che avrebbe dovuto chiudere la parentesi di Bush e aprire la fase della restaurazione clintoniana.

La macchina si è rivoltata contro i suoi creatori. Non avevano calcolato il collasso del «fattore Iraq» e della mistica del terrore, né la voglia di cambiamento che ha smantellato il progetto. Avevano dimenticato che in una democrazia viva e reale, in una nazione ormai uscita dall´ipnosi della paura e dal ricatto del jihadismo alla rovescia, i meccanismi, i nomi, anche i soldi, che molto possono ma non votano, fare i conti senza i cittadini è sempre un proposito rischioso. Infatti dalle file di persone che si sono accalcate ai seggi come a memoria di scrutatori mai si erano viste, pensando soprattutto all´economia e molto poco a Bin Laden o alla Bibbia, sono usciti il nome del meno repubblicano dei repubblicani, del più ferocemente antibushista, John McCain, contro il quale lo zoo delle radio ultraconservatrici, i commentatori puri e duri della destra e riviste solenni e schierate come la National Review, si sono scatenate, minacciando diserzione e fulminando scomuniche ideologiche.

E dalle urne democratiche è esploso Barack Obama, l´uomo senza ideologia, forte del proprio carisma, del proprio messaggio alla Tony Blair, credibile perché inedito, di un «nuovo modo di fare politica» a sinistra, che ha completamente spiazzato il mandarinato del partito raccolto attorno a Hillary bloccato sul messaggio classico della partigianeria.Obama è diventato il Reagan della sinistra, il Blair di un New Labour americano, ha fatto ciò che nel 1976 fece il futuro presidente, incendiando entusiasmi sopiti e lanciando segnali agli altri, prima che ai suoi, secondo una strategia che nel 1980 lo portò alla Casa Bianca. E si delinea il fenomeno, micidiale per la destra, degli «Obama republicans», come c´erano stati, e decisivi, i «Reagan democrats».

Gli ingegneri della politica a tavolino avevano sottovalutato quel fiume carsico di nausea per la politica vecchia, ultrapartigiana, che pure i disastrosi indici di gradimento sia per Bush che per il Congresso a maggioranza democratica, indicavano, e che cercavano una foce per uscire allo scoperto. È stato un rifiuto che ha avuto la sua conferma più sbalorditiva nella sconfitta di Barack Obama in quello stato del Massachussets dove lui aveva ricevuto l´unzione da parte dei superstiti del mausoleo kennedyano, la figlia di Jfk, Caroline, il fratello Ted, in una cerimonia solenne che aveva dato la brutta sensazione di un improvviso invecchiamento di Obama, di un suo riassorbimento nel grande fiume della retorica istituzionale. I Kennedy avevano di colpo invecchiato Obama.

Come McCain tra i repubblicani deve continuare a mantenere la propria aura di «maverick», di cavaliere solitario, di uomo capace di attaccare Bush per la guerra in Iraq quando tutti lo applaudivano, e poi di appoggiare l´escalation, quando tutti lo stavano abbandonando, così Obama deve restare l´uomo dello scandalo, il ribelle dolce, il leader di un movimento spontaneo che non propone di annientare il nemico, alla maniera dei democratici clintoniani e dei bushisti nel 2000 e 2004, ma di conquistarlo alla propria causa. Di «invitarlo a fare il bagno con te per poi portargli via i vestiti» secondo la frase di un grande primo ministro inglese.

Per questo fa paura, ai professionisti della politica politicante, come Hillary e ad avversari che portano il peso degli otto anni di manicheismo bushista.Soltanto così continuerà ad attirare quei giovani ormai neppure più tanto giovani che ha conquistato, fra i 18 e i 40, a rosicchiare il vantaggio dei Clinton fra i latino americani, fra le donne, e fra i bianchi del sud dove il suo successo è stato notevole ed è in continuo aumento. E continuerà a seminare il terrore nel campo dei repubblicani che erano vogliosi di battersi con «l´altra Clinton» e riesumare la macchina da guerra contro la coppia che ogni elettore moderato odia appassionatamente e che molti elettori anche democratici non vorrebbero più vedere alla Casa Bianca.

Fra l´odio per i Clinton e la paura dell´Uomo Nero, la destra preferirebbe di molto utilizzare il primo come arma.Il duello continuerà, coinvolgendo donne giovani e meno giovani, neri, ispanici, asiatici, vecchie e nuove città, sobborghi e ghetti, dopo essere scampato alla ghigliottina del supermartedì e sarà la democrazia americana a guadagnarci e con essa l´immagine degli Stati Uniti nel mondo. Dopo i sette desolanti anni di Bush, sta conoscendo grazie a queste primarie, ma soprattutto grazie allo «straniero» Obama, un rinascimento di interesse, di stima e di apprezzamento nel resto del mondo. Non per essere una democrazia perfetta, come vuole l´enfasi nazionalistica, ma come una democrazia viva.